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Oggi (30 giugno), per l’ennesima volta, è saltata un’escursione pianificata da tempo. Volevo ripiegare sempre sulle Dolomiti ma poi ho pensato “Troppo casino! Troppi mammiferi della mia specie”. E quindi, alla fine, il cuore mi ha riportato qui sull’appennino.
Mi sono trovato di fronte a questo ponte medievale. A prima vista solo un mucchio di vecchie pietre, ma è un mucchio di pietre che ha attraversato la profondità dei secoli. E’, a suo modo, un “ponte del tempo”. Un angolo di Toscana che magari potrebbe anche sfuggire allo sguardo superficiale del turista distratto. E allora mi sono seduto e ho iniziato a riflettere, la montagna serve anche a questo.
Viviamo in una società piena zeppa di superficialità dove è stata messa al bando la “profondità”. E anche questo canale (internet, social network…) dove sto scrivendo è solamente, in buona sostanza, un “megafono di superficialità”. Forse sarà perché la superficialità si vende bene? perchè è un bene di consumo di massa? Ma io mi sono fatto un’idea diversa.
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Io penso che in ognuno di noi ci sia (o meglio ci potrebbe essere) qualcosa di molto profondo. Però la profondità spaventa. Ed è per questo motivo che, molto spesso, ci accontentiamo della superficialità senza scendere più giù. Affrontare la “profondità” è difficile perché significa affrontare te stesso. E una volta trovato “te stesso”, ammesso e non concesso di trovarlo, poi è un casino gestirlo. Perché “tu è” un guazzabuglio di emozioni e contraddizioni insanabili. Insomma un gran bel grattacapo. E poi, a volte, la profondità è chiusa in una confezione così ermetica che, per tirarla fuori, è necessaria una ferita profonda capace di lacerare quella confezione sigillata.
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Inoltre la profondità di una persona è ingombrante, per sé e
per gli altri. Invece la superficialità è come un tavolo pieghevole da pic-nic:
la smonti e la porti dove vuoi. E’ quindi comprensibile che le persone, molto
spesso, rinuncino alla propria profondità per nascondersi sotto la superficie,
come in un gioco pirandelliano di maschere. E’ più facile e forse anche più
conveniente.
Ma a questo punto una domanda sorge spontanea: io che cazzo la pago a fare una psicoterapeuta se la “psico-analisi” mi viene così bene? In una vita precedente devo essere stato il fratello serio di Woody Allen.