Sulla strada delle 52 gallerie

Una Domenica sul Pasubio percorrendo la Strada delle 52 Gallerie. Ma io voglio ribattezzarla “la strada della Pace”. Si, perché quando arrivi lassù, dopo 800 metri di dislivello ed hai sudato anche l’anima… è proprio lì che la tua milza invoca l’armistizio. Quando arrivi lassù ti passa qualsiasi voglia di fare una guerra.

Io adoro Marco Paolini e i suoi spettacoli. Ha la capacità di farti sorridere mettendo un pizzico di ironia anche nelle vicende più tragiche: Ustica, il Vajont, lo sterminio dei portatori di handicap col piano AktionT4… Per poi condurti ad una seria riflessione su quei fatti. E io voglio provare, molto umilmente, a fare lo stesso. 

Prima guerra mondiale: gli italiani decidono di realizzare una mulattiera per portare rifornimenti alle truppe sulla sommità del Pasubio. Per realizzarla scaveranno 52 gallerie in quello che diventa un capolavoro di ingegneria militare. A chi affidi l’incarico di progettare e scavare queste gallerie? Ma ovviamente al tenente Zappa. Lo giuro non me lo sono inventato, l’ironia ce l’ha messa lo Stato Maggiore. E poi quando, nel mese di Aprile, devi sostituire il tenente chi ci metti a dirigere i lavori? Ma il capitano Picone: Nomen omen. Lo giuro, è vera anche questa: sembra una storia di Topolinia. Io adoro lo Stato Maggiore italiano: erano geniali nell’affrontare la guerra con “ironia”. Come dice Paolini nello spettacolo sul Vajont: “in questa vicenda sembra che i nomi li abbia messi un greco antico”. 

Ma il contesto ci impone di tornare seri. Ecco, ci sono delle circostanze nelle quali, per capire la Storia, occorrono concetti di altra origine. E per capire l’assurda e incomprensibile vicenda della prima guerra mondiale bisogna ricorrere a concetti di idraulica. Si perché la 1° Guerra Mondiale, a ben vedere, è un sifone che si è inghiottito tutto il ‘900. La Rivoluzione Russa, i fascismi, la 2° Guerra Mondiale, la Shoah, la Guerra Fredda e la divisione in blocchi, la Palestina e il Medio oriente, le guerre nei Balcani degli anni ’90… tutto il ‘900 è drammaticamente inghiottito (e originato) da quei 4 anni di inutile carneficina.

“Capire l’Europa del 1914 era indispensabile per capire quella del 2014”. Così diceva Paolo Rumiz in un documentario sulla Grande Guerra. Ed aveva proprio ragione: ogni cosa del mondo di oggi è uscita da quelle trincee.

Nei giorni scorsi ho rivisto il documentario di Rumiz. E balza all’occhio come quella guerra fosse un insieme di tante cose diverse. E anche qui sul Pasubio fu una cosa drammaticamente unica nella sua specie. “Una guerra immobile per topi”, così il giornalista definisce il conflitto tra queste montagne.

Io non riuscirei a spiegarla altrettanto bene. Lascio il compito alla conclusione del giornalista:
“Quando la guerra finì i corpi fatti a pezzi erano così numerosi che si aspettò il 1921 per riaprire la montagna agli umani: 26 mesi c’erano voluti per sgombrarla dai corpi.
Ma le ossa biancheggiarono così a lungo nei burroni che fino agli anni ’50 si lasciarono sul posto dei cestini poiché i gitanti ve le deponessero”.

Erano le ossa di un’intera generazione di giovani mandati al massacro. Era il cadavere del ‘900 inghiottito da quell’incubo di guerra.

Una favola elfica

L’esperienza che ho vissuto ieri ha i contorni sfumati di una “favola”. E infatti tornato a casa non riuscivo a crederci. Poi mi sono detto: forse le favole, a volte, sono proprio dietro l’angolo. E bisogna solo avere il coraggio di cercarle.

La nostra escursione è iniziata a San Pellegrino al Cassero (PT). Non mi dilungherò oltre ma devo solo precisare che il personaggio dal quale prende nome il borgo era il figlio del Re di Scozia in cammino sulla Francigena. Ho detto tutto.

Destinazione della nostra escursione: il mondo degli Elfi. Anche in questo caso sarò sintetico: quello degli Elfi è un movimento, di stampo “post sessantottino”, composto da varie comunità, sparse qui sull’Appennino pistoiese. In questi gruppi si vive in autosufficienza, a stretto contatto con la Natura. Le Comunità sono nate dall’occupazione di terre e ruderi abbandonati (ma non sempre privi di un proprietario). Che bello! Ma non è tutto oro quello che luccica. E gli Elfi non sono tutti uguali. Ci sono anche casi di “anarco-paraculati” (una sindrome abbastanza diffusa nella Sinistra, soprattutto qui in Italia). Quelli che vogliono fare gli “anarchici” con gli euro degli altri.

Noi però siamo stati ospiti di Antonio. Una persona seria, squisita e molto gentile che proviene da Santiago de Compostela. 37 anni fa occupò alcuni ruderi e terreni demaniali. Nel corso del tempo sono stati restaurati e adibiti ad abitazione per lui e la famiglia. Un caso virtuoso di recupero del bosco e di antichi edifici che altrimenti sarebbero andati in rovina. Poi, negli ultimi 20 anni, questi beni demaniali sono stati concessi in convenzione dalla Regione Toscana. Cosa non sempre scontata visto che, qui in Italia, troppo spesso le leggi puniscono coloro che si impegnano per l’ambiente e per il proprio territorio.

Antonio ci ha accolti con un “pranzo a sorpresa”, però di matrice vegetariana (come si dice, nessuno è perfetto). Andrea Piazza però, fortunatamente, si era già concesso un “pre-lunch” con panino alla finocchiona (Dico, cavolo vengo in Toscana apposta per la finocchiona! Mi fate mangiare insalata?). E poi, con tutto il rispetto per i vegetariani: ma io sono un Mantovano. Voglio dire, se il buon Dio ha creato il maiale allora dobbiamo celebrarlo in tutte le forme possibili (e commestibili). E’ un gesto quasi “liturgico” per noi virgiliani.

Subito dopo pranzo mi sono trovato in una situazione “surreale”. In casa di Antonio, lui spagnolo e la compagna finlandese. Una ragazza sudafricana ci intrattiene suonando il pianoforte. Intanto una ragazza irlandese prepara il caffè. Il tutto mentre le galline, appollaiate sulla finestra, si godono il concerto.
Ma vuoi vedere che il Mondo intero gira intorno all’Appennino!